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 Prodi sconfitto in Senato: cade il governo Il premier al Quirinale: si è dimesso

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Rahab Yanacae
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Prodi sconfitto in Senato: cade il governo Il premier al Quirinale: si è dimesso Empty
MessaggioTitolo: Prodi sconfitto in Senato: cade il governo Il premier al Quirinale: si è dimesso   Prodi sconfitto in Senato: cade il governo Il premier al Quirinale: si è dimesso Icon_minitimeDom Gen 27, 2008 2:20 am

ROMA - Non ce l'ha fatta. Il sogno di Romano Prodi si è infranto in Senato di fronte all'arida realtà dei numeri al termine di una lunga giornata cominciata con l'intervento del premier in Aula alle 15 e terminata con Prodi che alle 21 si è recato al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano . Il presidente del Consiglio e il suo governo non hanno ottenuto infatti la fiducia richiesta. Hanno votato no in 161, mentre i sì sono stati 156. Un senatore (Scalera) si è astenuto, mentre tre erano gli assenti (Andreotti, Pallaro e Pininfarina). Il premier non è rimasto per ascoltare l'esito del voto, ma durante la votazione è immediatamente tornato a Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio è poi andato al Quirinale dove ha rimesso il mandato nelle mani del capo dello Stato. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è riservato di accettarle. Il Quirinale ha poi comunicato che da venerdì pomeriggio cominceranno le consultazioni, partendo dai presidenti di Camera e Senato a cui Prodi aveva comunicato telefonicamente le sue dimissioni.

LA GIORNATA - Il voto è arrivato al termine di una seduta ad alta tensione dove il premier aveva chiesto un voto di fiducia proprio per verificare l'esistenza di una maggioranza a sostegno del governo dopo la decisione dell'Udeur di uscire dall'esecutivo. E proprio la decisione di un senatore dell'Udeur, Nuccio Cusumano, di dare il proprio consenso al governo nonostante la posizione ufficiale del partito, schierato per il no, aveva causato un battibecco con scambio di violente accuse che si era concluso con un malore dello stesso Cusumano e con una sospensione della seduta per una decina di minuti.

L'INTERVENTO DI PRODI - Nell'intervento con cui aveva aperto la seduta, Romano Prodi aveva chiesto ai senatori un voto «motivato», promesso riforme istituzionali e un ritocco della squadra di governo. Il premier aveva poi ribadito di voler «il voto esplicito» di ciascun parlamentare nel rispetto della Costituzione spiegando che l'Italia «non si può permettere il lusso» di un vuoto di potere per far fronte all'emergenza economica e all'urgente bisogno di riforme istituzionali. Il premier aveva aggiunto poi di essere «ben consapevole» del fatto che il governo aveva bisogno di una ridefinizione per «rafforzare le sue capacità decisionali, snellire le sue procedure, migliorare la sua resa, forse ridefinire le sue strutture e la sua composizione».

L'ITALIA E LE RIFORME - Prodi aveva esordito parlando di «crisi politica ed esprimendo solidarietà a Clemente Mastella, «contro le strumentalizzazioni e gli opportunismi che si sono prodotti nei suoi confronti». «Sono qui al Senato per rispettare e applicare la Costituzione con lo spirito dei padri costituenti. La Carta non prevede infatti la prassi delle crisi extraparlamentari, e neanche quella delle mozioni di sfiducia individuali a un ministro. Vi chiedo di giudicare il lavoro dell'esecutivo con senso di responsabilità - ha detto Prodi -. Il Paese ha urgente bisogno di riforme, corre dei rischi per il grave ritardo in cui si trova. Ribadisco il mio impegno affinché non si vada a un voto che condanna il Paese all'ingovernabilità. Chiedo un voto motivato, nessuno può sottrarsi nel dovere di dire quale altra maggioranza chiede al posto di quella attuale». Successivamente nelle repliche agli interventi, prima delle dichiarazioni di voto, il premier si era poi definito «coerente e non testardo» per la scelta di essere in aula a confrontarsi con i senatori. E aveva poi definito «fango sulla democrazia» tutte le ricostruzioni che parlavano di compravendite di voti e ricatti per cercare di ottenere una nuova maggioranza.

UDEUR SPACCATA - Ma è stato l'Udeur il protagonista della giornata. Fuori e dentro l'Aula si è consumata la spaccatura del partito, anche se il suo leader Mastella fino all'ultimo ha cercato di non ammetterla: «Non c'è nessuna spaccatura nel mio partito. Come vedete siamo tutti qui tranne uno» (ma i senatori dell'Udeur sono in tutto tre, ndr) aveva detto Clemente Mastella dopo una riunione con i suoi in un ristorante vicino a Palazzo Madama, spiegando che chi non avrebbe votato contro Prodi sarebbe stato espulso. Pochi minuti dopo, però, il senatore Nuccio Cusumano aveva annunciato il suo voto a favore di Prodi e tra i banchi era scoppiato il finimondo. Al grido di «pezzo di merda, pagliaccio, venduto» il capogruppo Tommaso Barbato era corso in aula mentre dal video stava ascoltando la dichiarazione di voto del collega di partito e con le mani aveva mimato una pistola. Al termine del suo discorso e dopo l'attacco di Barbato, Cusumano si era sentito male ed era stato portato via in barella. Al suo indirizzo dai banchi dell'opposizione erano arrivati anche altri pesanti insulti. I commessi erano poi intervenuti per allontanare Barbato dall'Aula e la seduta era stata sospesa.. In mattinata anche Mastella aveva avuto un malore e per questo era stato accompagnato a Roma da un medico.

LE POSIZIONI - Fin dalle dichiarazioni di voto si era comunque capito che Prodi non ce l'avrebbe fatta. Come da previsione, i senatori del centrodestra avevano annunciato i loro voti contrari. Domenico Fisichella, ex An eletto nelle fila della Margherita, aveva invece annunciato che probabilmente non avrebbe partecipato al voto, cosa che poi non è avvenuta, dato che alla fine ha votato no.
E anche due (ora ex) alleati del governo, il leader dei liberaldemocratici Lamberto Dini (che ha votato no) e il suo compagno di partito Giuseppe Scalera (che si è astenuto, cosa che è equiparata al voto negativo in Senato) avevano annunciato il loro voto contrario.

MASTELLA - Grande attenzione per la dichiarazione di voto di Mastella che aveva esordito con una poesia di Pablo Neruda «Lentamente muore...» per poi chiarire che per lui la maggioranza non c'era più. «Dico no con molta fermezza alla fiducia» aveva spiegato Mastella che poi rivolgendosi a Prodi aveva aggiunto «Lei non può far finta che non sia successo nulla. Bisogna esigere rispetto dalla magistratura».
Le parole di Mastella erano profetiche. Poco dopo il no del Senato sanciva la fine del secondo governo Prodi.
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