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 Italia unica in Europa senza psicologi in classe

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Abraxas

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MessaggioTitolo: Italia unica in Europa senza psicologi in classe   Italia unica in Europa senza psicologi in classe Icon_minitimeMer Set 17, 2008 5:13 pm

Italia unica in Europa
senza psicologi in classe


Negli ultimi 3 anni interventi di un esperto solo in 2 istituti su 3, manca la legge

ROMA
L’Italia è il solo Paese europeo a non avere psicologi a scuola. O meglio un servizio strutturato di psicologia scolastica, ma solo una miriade di sperimentazioni locali, né una normativa di riferimento. E seppure la presenza di questi professionisti sarebbe apprezzata dalla maggioranza dei dirigenti scolastici e insegnanti, negli ultimi tre anni solo due scuole su tre hanno beneficiato dell’intervento di uno psicologo. È il quadro sui servizi psicologici nella scuola italiana tracciato dal Consiglio dell’Ordine degli psicologi, in collaborazione con gli Istituti regionali per la ricerca educativa (Irre) e con i Consigli territoriali dell’Ordine degli psicologi, presentata oggi a Roma, in un incontro al Palazzo dell’Informazione Adnkronos.

«L’Italia - denuncia Giuseppe Luigi Palma, presidente dell’Ordine degli psicologi - registra una grave arretratezza culturale nei confronti di quasi tutti i Paesi europei dove esiste una legge che prevede l’inserimento dello psicologo nella scuola come figura stabile e di ruolo». La ricerca, la prima a livello nazionale sull’argomento, ha coinvolto 1.511 psicologi (di cui il 71% donne) e 1.921 scuole distribuite su tutto il territorio italiano. È ha mostrato un panorama assai composito, con molte sperimentazioni differenti a livello locale, ma nessun caso di reale strutturazione del servizio.

Secondo il campione i problemi più diffusi nelle aule, in ordine decrescente, sono: lo scarso impegno nello studio e la mancanza di attenzione durante le lezioni, le difficoltà di relazione all’interno del corpo docente, gli alunni con necessità didattiche particolari, le difficoltà di tipo organizzativo provocate dalle continue innovazioni e riforme, infine i comportamenti aggressivi e violenti degli alunni.

Attualmente, però, l’attenzione “psicologica” è orientata prevalentemente sugli alunni, seguono gli interventi rivolti ai genitori e alla scuola nella sua dimensione organizzativa. In particolare, il 37% è attività di diagnosi legata ad alcune patologie, il 35% riguarda invece l’osservazione.

Dal punto di vista dei professionisti, il 93,1% degli psicologi “entra” a scuola attraverso progetti delle Asl; il 4,8% proviene da cooperative e solo il 2,1% dagli enti locali. «Lo psicologo - spiega Palma - in genere donna e altamente specializzato, interviene nella scuola per far fronte a richieste specifiche ma le scarse possibilità remunerative raramente gli consentono l’obiettivo di una carriera professionale».

Tra le forme contrattuali più utilizzate ci sono le prestazioni professionali con partita Iva (32%), le prestazioni occasionali (20%), le assunzioni a tempo determinato (2%) e per mandato delle Asl (30%). Solo pochissimi psicologi lavorano all’interno della scuola come insegnanti o delegati in ruoli particolari. Anche per questo le retribuzioni orarie risultano molto variabili e tendono a decrescere all’aumentare del periodo che lo specialista passa all’interno dell’istituzione: variano da meno di 15 euro l’ora a un massimo di circa 40 euro.

Provenienti da posizioni lavorative differenti, i professionisti psicologi lavorano in più di un istituto di diverso ordine e grado ma per periodi di tempo piuttosto limitati (meno di tre mesi). È la scuola media ad avere il maggior numero di ore (60,2%) dedicate alle pratiche psicologiche, segue la scuola secondaria (58,8%), la scuola elementare (56,7%) e, infine, la scuola dell’infanzia (43%).

«I dati presentati oggi - conclude Palma - offrono un quadro molto ricco e articolato sullo stato della psicologia scolastica in Italia. In assenza di un ruolo istituzionale riconosciuto e di chiari ordinamenti professionali in grado di regolamentare la professione, l’attività psicologica nella scuola si riduce sistematicamente a un’attività di consulenza, dimenticando le pratiche per lo sviluppo della persona, per l’educazione alla socialità e alla convivenza».


http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scuola/grubrica.asp?ID_blog=60&ID_articolo=786&ID_sezione=255&sezione=News
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